Via Mezzocannone, una delle strade più vivaci e frequentate di Napoli, è un vero e proprio tempio del sapere. E’ il punto di incontro di studenti e turisti nel cuore di Napoli e sede centrale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II con gli antichi musei di scienze biologiche e naturali e la Biblioteca Universitaria Statale,
Questa strada di appena 450 metri, collega il vivace corso Umberto con piazza San Domenico Maggiore e piazzetta Nilo, è un luogo ricco di storia e cultura a Napoli. Il suo nome è legato all’umorismo tipico dei partenopei.
Storia di Via Mezzocannone
Via Mezzocannone, una strada antica di Napoli che ha subito una profonda trasformazione nel corso dei secoli. In origine era un profondo canalone fortificato su entrambi i lati che correva parallela ai cardini dell’antica Neapolis. Non era altro che il canale publicum ed accoglieva le acque provenienti dall’area di Caponapoli, la parte alta della città, e dall’acquedotto della Bolla.
Nella parte alta vi era il vicus Alexandrinus, corrispondente all’attuale via Nilo. Qui i mercanti provenienti da Alessandria d’Egitto eressero un monumento al dio Nilo, uno dei monumenti più famosi (e misteriosi) del centro antico di Napoli.
Con la deviazione delle acque, alla fine del Ducato di Napoli, il sentiero che si era formato nel vecchio canale pubblico è chiamato Fontanula. In riferimento a una piccola sorgente che si trovava nei pressi dell’odierna via Sedile di Porto.
In epoca angioina, il viottolo stretto è oggetto di una significativa riqualificazione, con la costruzione di numerosi palazzi nobiliari, completi di giardini e fontane. Questo intervento trasforma radicalmente l’area, conferendole un aspetto più elegante e prestigioso.
Nei secoli successivi lungo la strada iniziano a comparire numerose botteghe di tintori che per un un tempo l’hanno resa un luogo insalubre. Salvatore Di Giacomo definì il «budello di Mezzocannone» un lurido intestino napoletano.
Con il vasto intervento urbanistico di fine ottocento, il cosiddetto risanamento di Napoli, la strada è notevolmente ampliata. Vengono costruiti alcuni edifici universitari e abitazioni, all’interno delle quali si possono ancora trovare delle tracce del passato.
Tracce dell’antica mutazione greco-romana sono ancora visibili nell’atrio del cinema Astra e nel cortile centrale dell’Universita Federico II.
Sulla parte alta del civico 9, all’angolo delle vecchie strettole di Porto, è visibile un bassorilievo assai singolare popolarmente noto come Niccolò Pesce. Ritrae Orione, un uomo villoso che nella mano destra imbraccia un pugnale, protettore dei naviganti e simbolo dell’Antico Sedile di Porto. Leggi Leggenda di Colapesce e la strana lapide di via Mezzocannone.
Via Mezzocannone e la fontana di Re Alfonso d’Aragona
Sul finire del 1400, re Alfonso II d’Aragona, con l’obiettivo di stupire i passanti con la sua magnificenza, volle trasformare la modesta fontana esistente in una struttura grandiosa. Tuttavia la fontana, dotata di un’ampia vasca per abbeverare i cavalli e sormontata da una statua, probabilmente un suo ritratto, non solo non suscitò l’effetto desiderato, ma divenne motivo di ilarità e scherno.
La cannella di bronzo da cui sgorgava l’acqua – chiamata in napoletano “cannone” da cui l’attuale “cannola” – era di dimensioni decisamente più piccole rispetto a tutto il resto della costruzione.
I napoletani, sempre pronti a ridere, soprannominarono la cannella “mezzo cannone” e non persero occasione di ricoprire di ridicolo il Re inventando l’espressione «me pare ‘o Rre ‘e miezz cannon». E’ utilizzata ancora oggi per prendere in giro chi si atteggia a grande, pur essendo piccolo e insignificante.
Nel corso dei secoli, il soprannome Mezzocannone diventa il nome ufficiale della strada, soppiantando l’originale “via Fontanula”.
La vicenda dimostra la capacità dei napoletani di trasformare anche le situazioni più formali in occasioni per esprimere la loro irriverenza.
Con l’ampliamento della strada, seguito ai lavori del Risanamento di Napoli, il profilo di viaMezzocannone cambia radicalmente e della fontana si persero le tracce.