Il mattino del 29 ottobre del 1268 sul patibolo di Campo Moricino, l’attuale piazza Mercato di Napoli, il biondo capo di Corradino di Svevia cadde sotto la mannaia del boia. Il re di Napoli, che vide il suo Regno solo per morire, aveva solo 16 anni.
Carlo I d’Angiò, dopo averlo sconfitto sui campi abruzzesi di Tagliacozzo, emise un sospiro di sollievo. L’ultimo degli Hohenstaufen era morto, più nessuno, ormai, poteva contrastargli il possesso del Regno di Napoli.
Corradino di Svevia e Tommaso Aniello, meglio conosciuto come Masaniello, condividono lo stesso fatale destino nello stesso luogo. Anche l’umile pescivendolo, infatti, dopo aver combattuto in nome della giustizia, venne decapitato in piazza Mercato.
Cenni storici
Siamo in piena lotta senza quartiere tra Guelfi, favorevoli al Papato, e Ghibellini, schierati con l’imperatore per il controllo del Sud Italia e l’ambito trono di Napoli. Un evento storico raccontato anche da Dante nella Divina Commedia.
Nella primavera 1268 il giovane Corradino di Svezia decide di scendere in Italia per riprendersi il trono, ereditato dal celebre nonno Federico II di Svevia. Un trono sottratto prima dallo zio Manfredi e poi da Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX di Francia. Leggi la La storia di Napoli, capitale del Sud Italia.
Malgrado i presupposti favorevoli, gli aiuti e gli appoggi politici, Corradino viene sconfitto a Scùrcola, presso Tagliacozzo, il 23 agosto 1268. Nel tentativo di sottrarsi alla cattura, galoppò disperatamente, insieme ad alcuni cavalieri, fino alla torre di Astura. Tradito da Giovanni Frangipane, fino allora suo sostenitore, è consegnato al suo nemico che lo fece rinchiudere nel Castel dell’Ovo.
Dopo il processo, celebrato solo per dare una parvenza legale alla sua morte, Corradino è condannato e decapitato sotto gli occhi del popolo, inorridito da tale “efferato delitto”.
Sul luogo dell’esecuzione si trova l’odierna Chiesa Santa Croce e Purgatorio al Mercato. Al suo interno si trova una colonna commemorativa in porfido che reca incisa questa frase: Asturis ungue leo pullum rapiens aquilinum hic deplumavit acephalumque dedit – Il leone artigliò l’aquilotto ad Astura, gli strappò le piume e lo decapitò.
Curiosità. Secondo una leggenda Corradino, poco prima di morire, pare abbia gettato alla folla un suo guanto che venne raccolto da Giovanni da Procida. Quel guanto, si dice, suonò la campana che dette inizio alla rivolta antiangioina del 1282 detta dei “Vespri Siciliani” di Palermo.
Qualche tempo dopo le spoglie dell’ultimo degli Hohenstaufen sono furtivamente sottratte dalla fossa comune e degnamente tumulate nella Basilica Santuario del Carmine Maggiore, custode della Madonna Bruna, icona orientale giunta a Napoli con i frati carmelitani.
Le sue spoglie vengono nascoste talmente bene che la cassa di piombo con le ossa del sovrano sono ritrovate per caso solo nel XVIIIº secolo durante i lavori di ripavimentazione della navata centrale. Ancora oggi nella chiesa vien detta annualmente una messa in suffragio di Corradino di Svevia.
Statua di Corradino di Svevia
Le spoglie mortali di Corradino di Svevia sono oggi conservate nel piedistallo del meraviglioso monumento funebre che celebra la grandezza di Corradino. Una statua commissionata nel 1847 da Maximilian II Wittelsbach futuro re di Baviera. Il disegno è dello scultore danese Bertel Thorvaldse, la realizzazione di Schopf.
La statua raffigurante il giovane svevo, è collocata verso la metà del lato sinistro della navata, di fronte al pulpito.
Sul lato sinistro del piedistallo è raffigurata la scena del distacco dalla madre al momento della partenza. Sul lato desto il breve saluto tra Corradino e il suo compagno d’armi Federico di Baden che morì anch’egli decapitato. Davanti al piedistallo, invece, si trova una lapide con questa iscrizione:
Massimiliano principe ereditario di Baviera,
erge questo monumento funebre ad un parente della casa sua che fu re Corradino.
Ultimo degli Hohenstaufen.
L’anno 1847 giorno 14 maggio.
I nazisti e la statua di Corradino
Nel Settembre 1943 un gruppo di SS della famigerata divisione Ahenerbe fa irruzione nella chiesa del Carmine con l’intento di trafugare e riportare in patria le spoglie mortali di Corradino, l’ultimo imperatore della dinastia Hohenstaufen di Svevia.
A salvare il destino già crudele di Corradino è stata l’arguzia dei carmelitani. Ovviamente i frati non collaborarono, lasciando che i Tedeschi le cercassero nel posto sbagliato, cioè nel monumento, mentre invece era nella base dello stesso.