Ultima Modifica il 23 Luglio 2024
La chiesa dei Santi Severino e Sossio, incastrata tra Via San Biagio dei Librai e Corso Umberto I, è annessa ad uno dei più antichi monasteri della città. Photo di Chankobetter.
La meravigliosa basilica è ricca di capolavori di scultura tra e pittura dal’500 al ‘700, ed è completamente rivestita di marmi policromi.
Monastero dei Santi Severino e Sossio
Le origini del Complesso Monastico risalgono al X Secolo, per volere dei Monaci Benedettini. Prima di allora i frati avevano la propria sede monastica sulla collina di Pizzofalcone, ritenuta troppo esposta alle razzie saracene.
Il nome dell’edificio religioso è legato alla presenza delle reliquie del benedettino San Severino e quelle di San Sossio, compagno di martirio di san Gennaro.
Dal 1845 l’antico monastero è sede dell’Archivio di Stato di Napoli. E’ il custode di un ampia raccolta di volumi, opuscoli, manoscritti, atti ufficiali, pergamene e documenti riguardanti la città di Napoli dal X secolo all’epoca moderna.
Curiosità. Torquato Tasso nel 1594 si ritirò all’interno del monastero ed è qui che incontrò il poeta Giambattista Vico e lo storico Giulio Cesare Capaccio.
Cosa Vedere
Con i suoi 4 chiostri e le due chiese, questo complesso rappresenta l’unico monastero dell’ordine benedettino a Napoli. Una chiesa è dedicata ai Santi Severino e Sossio e l’altra è definita chiesa inferiore.
Ma ancora, il capitolo dei monaci, oggi sala dei catasti, affrescato da Belisario Corenzio; l’ex refettorio, che adesso si chiama sala Filangieri, la sala Tasso, la biblioteca, la Sala Diplomatica, il Salone degli Archivi gentilizi e la Regia Camera della Sommaria la sala diplomatica. Di grande pregio anche la Farmacia, caratterizzata da scaffali intarsiati e da una bella pavimentazione,
Di notevole interesse sono i quattro chiostri monumentali: il chiostro del Noviziato e il famoso chiostro del Platano, entrambi del Quattrocento; il chiostro di Marmo realizzato nel Cinquecento, e il chiostro d’ingresso, realizzato nel Seicento.
Il chiostro del Platano, conserva un ciclo di affreschi rinascimentali, di Antonio Solario detto «lo Zingaro», che raffigura episodi della vita di San Benedetto. Il luogo prende il nome da un maestoso albero che fu piantato, secondo la leggenda, dal santo stesso.
La Chiesa dei Santi Severino e Sossio
La chiesa venne realizzata nell’anno 846 d.C. allo scopo di accogliere le spoglie dei Santi Severino e Sossio. Diversi interventi di restauro e consolidamento, in seguito ai terremoti del 1731 e del 1980, ne hanno modificato profondamente la struttura. Nonostante tutto le opere d’arte presenti sono tutte in buono stato di conservazione.
La struttura della chiesa è a croce latina ad unica navata con soffitto a volte con ai lati due file di sette cappelle e una profonda abside rettangolare. Il prezioso pavimento marmoreo del 500 “ospita” numerose lastre sepolcrali.
All’interno vi si accede tramite un portale rinascimentale in marmo realizzato nel 1564, come ricordato nell’iscrizione ad esso soprastante. Accanto alla chiesa sorge il campanile.
Degne di nota la cappella in marmo della famiglia Sanseverino, la cappella Medici di Gragnano, la bellissima cupola (una delle prime ad essere eretta in città).
Senza dimenticare l’altare maggiore e la balaustra del presbiterio di Cosimo Fanzago, la volta della navata con affreschi di Francesco De Mura e la splendida Sacrestia. Il cinquecentesco coro ligneo, intagliato da autori lombardi, è uno dei più belli di tutta Napoli.
Curiosità. Qui si trova la tomba di Belisario Corenzio. La tradizione vuole sia morto proprio in questa chiesa nel 1646 cadendo da un’impalcatura mentre ritoccava gli affreschi della volta.
La maledizione della contessa di Saponara
Questo luogo sacro è stato a lungo teatro di sfortunati e misteriosi eventi. Quindici incendi e, a partire dalla sua fondazione, disgrazie accidentali tra cui la morte del pittore Belisario Corenzio nel 1648. L’artista precipitato dall’impalcatura mentre era intento a ritoccare gli affreschi della volta.
La cappella del casato nobiliare dei Sanseverino, a destra dell’altare maggiore, custodisce il monumento funebre di tre giovani fratelli, Jacopo, Sigismondo e Ascanio Sanseverino, scolpiti come se fossero vivi e reali.
Tre giovani sfortunati che hanno pagato con la morte un infame tradimento, ordito alle loro spalle dallo zio Girolamo.
Una tragedia che ha scatenato la terribile vendetta di Ippolita de Monti, contessa di Saponara e madre dei ragazzi. Ippolita non aspettò gli esiti della giustizia terrena, ma si affidò alle forze oscure per punire i colpevoli e maledì la famiglia Sanseverino e i loro beni.
Il monumento funebre colpisce per il gioco di sguardi dei tre fratelli, una suggestiva messa in scena studiata dall’artista. Il loro sguardo converge nel punto esatto dove è custodita la tomba di Ippolita de Monti. Una madre che non ha mai accettato la perdita dei suoi amabili figli e che si è battuta per il senso di giustizia.
La Chiesa dei Santi Severino e Sossio è possibile visitarla grazie al gruppo della comunità di Sant’Egidio che si occupa della gestione e delle aperture straordinarie.
Informazioni Utili
Indirizzo: Via Bartolomeo Capasso, 22, 80138 Napoli;
Come arrivare: percorrere il corso Umberto I in direzione Piazza Garibaldi, svoltare a sinistra in Vico San Severino e procedere fino alla chiesa.